24 aprile 2017

Chapati, la ricetta del lunedì.


La mia allergia e le intolleranze vanno avanti ed io con loro. Nel senso che seguo le indicazioni del medico alla lettera.
Tra  le altre cose mi ha vietato i lievitati, tranne quelli prodotti con lievito madre (menomale) ma a  questo punto preferisco farmeli da sola o prenderli da persone di fiducia.
Questo perché come mi hanno confidato alcuni fornai c'è chi fa comunque una lievitazione mista perché il lievito compresso dà alla  lievitazione finale una spinta in  più.
Quindi dopo settimane di pane azzimo e gallette di riso, mentre il mio lievito madre riposa e si riproduce, ho voluto provare a fare il chapati, il pane indiano non lievitato. Originario dell'India è diffuso in molti paesi asiatici e africani.

Per la preparazione è' venuto in mio aiuto il Blog Tibetan DETOX in cui l'autrice  Niki Nicola spiega passo passo come farlo. Ho seguito le indicazioni e mi è  riuscito bene alla prima botta. 
Ho dovuto "addomesticare " un po' le dosi rispetto a quelle originarie che prevedono l'uso di farina  atta (una farina indiana) per ottenere la consistenza giusta (e che non aprei dove prendere) e la classica forma a palloncino del pane chapati dato dal vapore che si sprigiona in cottura (un po' come nella pita greca, che però è lievitata).

Il pane chapati è la base della Tibetan DETOX, perché i cibi lievitati sono vietati in un regime alimentare disintossicante per il fegato.

Fare il chapati è tutto sommato abbastanza facile  soprattutto se lo si è visto fare una volta, allora sono fondamentali le foto pubblicate da  Niki per  vedere  tutti  i passaggi che  riassumerò  qui. 

Se il chapati non gonfia ma fa solo delle bolle va bene uguale. Io ho usato una farina 0, Niki consiglia  di tagliarla al 50%  con Enkir o con farro.
Occorrono un mattarello, una ciotola e una padella.

Per fare il chapati in India si usano queste dosi, una tazza di atta (circa 130 grammi) ogni mezza tazza di acqua (125 ml), ma come dicevo prima ho dovuto ricalcolarle per  adattarle  alle  nostre  farine.
Per  questo motivo si  consiglia  di aggiungere l'acqua  poco per  volta fino alla consistenza  voluta.

Queste sono le mie dosi:

100 g farina 0
63 g  acqua

Impastare aggiungendo  l'acqua alla farina, lavorare finoa quando è liscio, non appiccicoso. Se è ancora appiccicoso, aggiungere poca farina e continuare a lavorare fino a quando ha una consistenz a elastica.
Per capire se l'impasto è ben idratato si deve attaccare al piano di lavoro  mentre si lavora.
Far riposare 30 minuti l'impasto formato a palla coperto con uno strofinaccio  umido, alla  fine del riposo dare una forma di salsiccia da cui tagliare dei pezzi della misura di un lime.
Dare una forma rotonda  ai pezzi, stendere prima con le mani e poi con il mattarello fino a uno spessore di 5 mm.
Scaldare una padella, spruzzare poca acqua e quando sfrigola è pronta. Mettere un chapati per volta, attendere che inizi  a gonfiare e girare con  una spatola di legno per  evitare  che si buchi. Voltarlo più volte fino a cottura.

Prima di portarlo in tavola mettere i pani impilati sotto un canovaccio affinché  restino  caldi e morbidi.

Se i chapati non si gonfiano per niente o solo un pochino questi potrebbero essere i motivi:
- troppa acqua nell'impasto
- troppo poca acqua nell'impasto
- la padella non era abbastanza calda
- la padella era troppo calda, e il chapati si è bruciacchiato troppo rapidamente in alcuni punti, si è rotto perdendo il vapore che avrebbe dovuto farlo gonfiare.
All'inizio io temevo di aver messo il primo chapati nella padella troppo poco calda invece  scaldandosi si  è  gonfiato benissimo.

Il Chapati generalmente viene accompagnato con legumi piccanti, yogurt e cibi speziati. Io l'ho mangiato con una crema di piselli condita con peperone crusco lucano.


La  ricetta originale del chapati è qui: http://tibetandetox.blogspot.it/
Per saperne di più sulla medicina tibetana.

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